La psicologia del trading

5 - La psicologia ed i "Trading Systems"

di: Mario Salvia 
Socio SIAT
(Società Italiana di Analisi Tecnica)

A prima vista, potrebbe sembrare che una materia, l’Analisi Tecnica, che ha i propri principi fondamentali poggiati su basi come la statistica, che si propone alla stregua di una "scienza esatta", tanto da essere già oggetto di corsi universitari, non possa lasciare molto spazio alla psicologia.

In effetti, se un trading system ben congegnato, e soprattutto ben "tarato", per così dire, sulla effettiva motivazione personale e sulla capacità di valutazione e sopportazione del rischio, avesse la proprietà di eseguire automaticamente gli imput ad acquistare, vendere, tenere, aggiungere, ridurre, nel momento stesso in cui li elabora, noi avremmo una posizione "gestita" da una macchina, e quindi al di fuori di qualsiasi casistica "psicologica".

Forse ci arriveremo, basta guardare lo sviluppo, non so quanto reale e quanto, invece, millantato, delle cd. reti neurali, forse invece no; allo stato dell’arte attuale la psicologia recita ancora un grosso ruolo nelle nostre attività decisionali, come pure l’intuito, che, checché se ne dica, si può ritenere che non esista solo quando non lo si è visto all’opera.

Spesso, tra gli analisti tecnici, si possono trovare dei nomi, anche molto noti, di traders che sono, o sono stati, legati alla psicologia.

Certamente il caso più eclatante è stato quello di Jack Bernstein.

Prima di avvicinarsi al mondo della Borsa Bernstein era infatti psicologo. Incuriosito dalle possibilità di guadagno che offriva l’operatività sui mercati, come tutti noi, egli decise di rischiare i primi risparmi.

Da allora, ha scritto oltre trenta libri sulle tecniche per operare sui futures, tra cui il bestseller "The Investor’s Quotient"; è autore di svariate tecniche, di cui, tra gli operatori di futures, è molto noto e praticato il cd. "30 minutes breakout".

Egli ovviamente è uno stretto sostenitore della necessità di considerare l’aspetto psicologico un aspetto fondamentale nella comprensione dei fenomeni di mercato.

Ritorniamo al trading system di cui abbiamo prima parlato.

Prima di addentrarci nel "grande campo" del trading "discrezionale", quello in cui è il nostro libero arbitrio a determinare le scelte, facendo interagire tra di loro le nostre capacità "tecniche" di analista o comunque di investitore, con le nostre soggettive capacità psicologiche, sgombriamo il campo dall’idea che la psicologia sia "fuori" dal trading "sistemico", appunto quello dei "trading systems".

In realtà, come abbiamo visto, una applicazione realmente sistematica di tutti gli input che derivano da un trading system, è realmente un "lavoro" che non richiede conoscenze psicologiche.

Uno dei principali punti di forza, anzi, del trading system, è proprio questo: che riduce notevolmente lo stress implicito nelle operazioni di compravendita.

Queste però, fanno presto capolino, nella maggioranza dei casi, appena accade che un operatore cominci a sgarrare, anteponendo il proprio libero arbitrio alle scelte del trading system.

Cosa è accaduto?

Semplicemente che il TS di cui bisognava eseguire gli ordini in maniera sistematica, non era ben tarato sulle caratteristiche soggettivo della persona che intendeva utilizzarlo, e l’errore era stato fatto prima, al momento della scelta.

Dato per scontato che ognuno di noi sia nelle condizioni di impostare oggettivamente al meglio, dal punto di vista tecnico, un TS, ossia capace di analizzare tutta la fase di test che precede l’operatività vera e propria. Che sia capace di analizzare questi system reports al fine di costruire un "equity line" il più possibile ascendente, poco volatile, e priva di picchi eccessivi.

Ma non voglio invadere il campo di colleghi senz’altro più precisi.

Resterebbe comunque una valutazione soggettiva da fare, quella che riguarda le nostre aspettative sul sistema, e soggettiva resterebbe anche l’individuazione delle modalità operative che più possano adattarsi al nostro carattere.

Infatti, una delle cause che spesso ci inducono ad operare con apparente incoerenza, è l’analisi del massimo drawdown sopportabile.

E’ indubbio che per un trader, uno dei fattori psicologici capaci di generare maggiore stress, è una lunga sfilza di risultati negativi.

E questo perché, invariabilmente, dopo una lunga sequela di operazioni chiuse per stoploss, cominceremo ad interrogarci sulla validità complessiva del sistema, e magari non seguiremo il prossimo input, che magari invece si rivelerà vincente.

Oppure cercheremo di sovraperformare il sistema stesso, anticipandone i segnali. In ogni modo, anche se nel brevissimo periodo potrà sembrarci di ottenere qualche risultato, alla lunga sarà sempre il sistema ad avere la meglio.

In questi casi, è evidente che l’errore è stato soggettivo; con l’illusione di un sistema subito profittabile, abbiamo fatto una cattiva analisi del massimo drawdown sopportabile senza stress eccessivo. Bisogna sempre ricordare che un sistema può definirsi fallito,(sto parlando di sistemi che abbiano positivamente superato tutta una serie di tests) solo quando perde una somma pari al doppio del massimo drawdown ammesso. Questo deve essere sempre tenuto presente e la somma resa disponibile.

In conclusione, nulla vieta di usare i trading systems, anzi!

Ma esiste un solo modo di farlo, e farlo bene: non interagire in nessun modo col sistema.

Mario Salvia - 6 settembre 2003

 

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